Tab Article
Il sempre più deciso ricorso a strumenti repressivi nella gestione dei processi migratori, in particolare nell'ultimo decennio, ha evidenziato la debolezza dei tradizionali strumenti dello Stato di diritto dinanzi all'esigenza di governare la crescente complessità delle società globalizzate. La prevalenza delle istanze di ordine pubblico (e l'assenza di un programma di gestione nel lungo periodo) non ha tuttavia consentito di contenere l'afflusso di migranti, rendendo estremamente fragile l'equilibrio fra autoctoni (in particolare gli appartenenti alle classi più povere) e stranieri. Il profondo mutamento registrato nella percezione sociale dello straniero discende anche da una sommaria associazione fra clandestinità e insicurezza urbana e dalla crisi del sistema di welfare state, incapace di soddisfare l'accresciuta richiesta di solidarietà. Il prodotto finale di tali condizioni è una ricostruzione "emotiva" ed estremamente frammentaria dei diversi profili giuridici e sociali dell'immigrazione, in cui il contrasto della clandestinità è il tema principale delle politiche migratorie e la sicurezza urbana è il nodo della transazione elettorale fra politica e cittadini. L'intento di questo lavoro è quello di analizzare, anche attraverso rilevazioni empiriche, i rapporti che si instaurano fra gli attori del sistema e gli immigrati, cercando di capire quali sono i percorsi che definiscono di fatto le direzioni verso cui si muove l'intero sistema.