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Il gioco è un'esperienza vitale di immediata riconoscibilità, e al tempo stesso sfugge alle precise e rigorose definizioni concettuali, proprio in ragione della ricchezza, poliedricità e ambivalenza delle sue espressioni e significati. Il testo esplora la dimensione del gioco partendo dall'individuazione di poli antinomici che lo descrivono come coagulo di contraddizioni: serietà/divertimento, cooperazione/competizione, regola/libertà, finzione/realtà, norma/trasgressione. Se i saperi disciplinari - pedagogia, psicologia, antropologia, sociologia - riducono il gioco a un mezzo per lo sviluppo di competenze è necessario denunciarne e controbilanciarne la riduzione a mero strumento, per accettarlo come esperienza vitale dotata di piena autonomia. Invece di essere un espediente per sviluppare abilità cognitive, affettive, relazionali, o una modalità di apprendimento, acculturazione, socializzazione, o un artificio per osservare e analizzare comportamenti da prevenire o curare, il gioco può dispiegarsi come "simbolo del mondo", esperienza autentica e modello cosmogonico per il pensiero e l'esperienza. Il gioco ha un'anima che lusinga e blandisce il giocatore e che si mostra con immagini e simboli di cui si serve per farci giocare. Questo anti-manuale si rivolge a educatori, insegnanti, mentori e adulti che sentono pulsare la propria anima ludens.