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Nella formazione degli adulti occorre rinnovare non solo i contenuti dei corsi ma anche i metodi didattici. Bisognerebbe ispirarsi al motto dì Harold Fields, vicedirettore incaricato per le scuole serali del Board of Education di New York, che raccomanda: "Lasciate che sia la classe a fare il lavoro". Seguendo il suo consiglio, le lezioni frontali dovrebbero essere ridotte al minimo e sostituite da esercitazioni di classe con un alto grado di partecipazione degli studenti e cioè con incontri, discussioni, dibattili, la lettura di giornali, circolari e riviste e non dei soli libri di testo. E con giochi didattici. Questo libro si occupa appunto di giochi didattici e spiega quando, come perché usarli, individua gli obiettivi che un percorso formativo può perseguire attraverso il loro utilizzo, da indicazioni pratiche sul momento in cui è opportuno introdurli e sulla loro scelta in relazione alle fasi di vita del gruppo. Parla delle caratteristiche che devono avere i discenti perché sia opportuno proporre loro una sessione di gioco e di quali abilità sono richieste a un formatore perché possa trarre da essi buoni risultati. Individua anche i pregi e i limiti di quello che è pur sempre solo uno strumento a disposizione del formatore e che come tale deve essere conosciuto e usato in modo appropriato. E, infine, offre un piccolo repertorio di giochi indicando qual è il momento migliore nello svolgimento di un corso per farli sperimentare.