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Angelica è una giovane donna di oggi, una di noi, vicina, nella sua vivida umanità di trentenne completa: sposa, madre, donna. La sua vicenda umana, protagonista femminile del romanzo, diviene evocazione allegorica e delicata comparazione con la voluttuosa carnalità della peonia, regina dei fiori, nel suo inconfondibile, rigoglioso sbocciare dei primi giorni di ogni estate. I suoi petali, infatti, sono come purpuree veline, adorne di leggerezza ineffabile. Le sue corolle ricche, stemperate in miriadi di delicatissime urne, racchiudono le geometrie perfette di un disegno antico; custodiscono, come scrigni silenti, la dolcezza vibrante di un ricordo, la tenerezza di un moto dell'anima, il calore di una carezza, lo struggente languore del distacco, la sconvolgente stoicità di un amore, la disillusa consapevolezza del rimpianto: di ciò che più non torna, della parola non detta, del gesto non compiuto. Il parallelismo tra Angelica e il più opulento e teatrale dei fiori diviene delicato e poetico simbolismo della fallacità di ogni affetto, della fugacità di ogni passione.