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È un gioco serissimo la poesia di Lorenzo Cioni. Un gioco: perché sorprende, segue e scardina le regole della scrittura, inventa e ci trasporta in un mondo altro, fantasiosissimo. Ma anche serissimo: perché la lingua merita rispetto e cura, attenzione ai dettagli e tutela di un equilibrio solo apparentemente naturale, frutto in realtà di una laboriosa ricerca. Nel leggerla, più che porci delle domande, dobbiamo lasciarci trasportare, insomma credere, a cominciare da quel confi ne tracciato dal componimento d'inizio, un limen che è soglia percettiva e conoscitiva e che ci introduce in un mondo (o meglio in infi niti mondi) evocati da una prima persona che mai si riesce a identifi care chiaramente, che cambia e ci spiazza di continuo. E già l'autore chiarisce, con un'immagine sottile, che quest'opera non sarà la celebrazione di nulla, non mirerà alla gratifi cazione interiore del poeta o di chi legge e non si beerà di lirismi alcuni. Un'antiretorica che non sfocia nel nichilismo, ma che certamente propone una concezione libera e originale della poesia.