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In ogni epoca c'è qualcuno capace di leggere più avanti, di mettere in parole una visione d'intuito. Visione profonda dell'oggi che già si affaccia nel domani. Ma questi "Discorsi di un idolo" non sono lineari. Si come schegge di consapevolezza, quasi lampi che illuminano la pagina, come piccoli frammenti di verità. Ma che cos'è poi la verità? "La verità infine s'è disfatta al sapere che la verità è una vera illusione" dice l'autore, il cui sforzo di indagine filosofica ruota attorno a quello che, in fondo, gli si presenta come un equivoco. La verità forse non è più vera di un'illusione, di ogni interpretazione. Così, in questa spirale in cui si addentra, è la stessa scrittura a soccorrere l'autore, il momento della verità coincide con lo stesso processo di scrittura, tanto che grammatica, sintassi e lessico sovvertono i canoni normativi per adattarsi al loro vero scopo, che è quello appunto di una conoscenza e una comunicazione più intuitive che verbali. Ne vengono fuori brani ispirati, in cui questa prosa deregolarizzata si avvicina alla poesia.