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Il virus sta avanzando e il nostro arretramento è sempre più rapido, non c'è difesa. È una ritirata vera e propria. Già quattro reparti su sette dell'ospedale sono interamente nelle mani del nemico e abbiamo cominciato a battagliare casa per casa, vicolo per vicolo. Siamo sorpresi, allibiti ma reattivi. E in quella sala, quella domenica, cerchiamo di organizzare la nostra resistenza. Gianni è anestesista e rianimatore di Humanitas Gavazzeni di Bergamo. Nel momento in cui scoppia il primo caso di Covid-19 nella sua zona e nell'ospedale in cui lavora, è in ferie, insieme alla moglie e a una coppia di amici. Ma quando gli comunicano i primi numeri di quella che sta per diventare una vera e propria emergenza sanitaria, capisce che qualcosa non va e torna di fretta, pronto alla battaglia. Da quel momento in poi la sua vita viene risucchiata in un vortice tremendo: la tragedia dei morti, la disperazione, la fatica e lo stupore dei pazienti, dei familiari e di tutto il personale ospedaliero toccano le corde più profonde della sua professione. Tuttavia, malgrado le difficoltà, questa esperienza sembra essere anche ricca di insegnamenti sul senso dell'esistenza e sull'importanza della cura. Giorgio, invece, è uno dei primi malati Covid-19 della zona. In presa diretta, con lo sguardo di chi vede sul suo corpo gli effetti devastanti del virus, racconta i sintomi, le complicazioni respiratorie, i pensieri che affollano la sua mente e poi la terapia intensiva, il limbo nel quale si troverà per giorni e giorni, sospeso tra la vita e la morte. Gianni e Giorgio rappresentano due vite che si incrociano in un mare di sentimenti, drammi e gioie. Con un unico denominatore: la solidarietà come strumento che avvicina gli esseri umani di fronte all'abisso.