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Parigi, 1863. Gustave Caillebotte è ancora un ragazzo quando, nel salotto della ricca casa di famiglia, sente parlare, con toni di ferma condanna, dell'esposizione dei pittori Refusés e in particolar modo dell'opera di un certo Édouard Manet. La visione di quel quadro, "Le déjeuner sur l' herbe", al quale si avvicina di nascosto e mosso da un'oscura fame, segna il nascere della passione contrastata che brucerà dentro fino a divorargli l'anima, pervadendo i giorni della sua breve esistenza. Gustave disubbidisce alle direttive paterne, animato dal desiderio di imparare a dipingere e far suoi quei tratti così inusuali, così nuovi, esperimenti di colore che sono autentici oltraggi alla tradizione e che indicano l'origine di una rivolta: il movimento che qualcuno definirà "Impressionismo". Una simile passione, agli occhi del padre Martial, uomo severo ma non privo di curiosità, non può che essere un passatempo. Per la madre Céleste, creatura travagliata e complessa, qualcosa di inadatto a un uomo. Il conflitto tra la sensibilità intima del pittore e il ruolo che la società borghese dell'epoca impone attraverserà come un frastagliato filo rosso l'intera vita del giovane Caillebotte, nutrendo la sua arte e l'amore per i corpi maschili, oggetto di molte delle sue tele più belle. Questo dissidio tra i propri desideri segreti e le costrizioni esterne si insinua in ogni pennellata, rendendo i suoi lavori intensi e modernissimi. Ma la parabola di Gustave Caillebotte racchiude molto di più: oltre a progettare velieri fu uno dei più importanti collezionisti del suo tempo, il mecenate generoso di artisti immensi come Monet, Renoir, Degas, Morisot e parecchi altri, che devono a lui più di quanto la cultura ufficiale abbia tramandato. Ed è qui, nelle pagine di Luigi La Rosa, che vediamo scorrere la sua storia.