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«Le mie vicende, e quelle delle mie compagne di sventura, sembrerebbero accadute in un passato lontanissimo, oppure in paesi remoti e imperscrutabili, e invece non è così. Possono sembrare invenzioni, eppure è tutto terribilmente vero. Ho cambiato i nomi dei personaggi, quasi tutti ancora viventi. Solo il mio nome non ho cambiato, il nome che mi fu imposto. Quel nome è la bandiera della mia sofferenza e della mia riscossa». Emma La Spina è nata nel 1961 e vive in Sicilia. Questa è la sua storia. «Sono una delle mille bambine in silenzio nelle grandi stanze di un istituto. Ho scritto tutto questo per spalancare porte che per troppo tempo sono rimaste chiuse, per illuminare camere buie, per far crollare muri cementati con l'indifferenza e l'ipocrisia. Ma soprattutto, ho scritto tutto questo perché non sono mai riuscita a urlarlo prima. Ho trascorso l'infanzia e la prima giovinezza in un istituto per bambini abbandonati, credendo che la vita, la vita di tutti, fosse simile a ciò che a me era toccato in sorte, sevizie fisiche e psicologiche continue, ignoranza dei più elementari fatti dell'esistenza, miseria profonda. Il giorno stesso in cui ho compiuto 18 anni sono stata buttata in strada. Letteralmente, senza la minima preparazione, abbandonata in un deserto affollato così differente da quello che fino a quel momento avevo conosciuto. E non meno ostile. Gli esterni, gli altri, così diversi, mi sembravano alieni. Poi, piano piano, ho capito che l'aliena ero io».