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Per giungere a quell'equilibrio instabile che la giustizia richiede, tra l'universalità della norma e la particolarità del caso, tra l'imparzialità del giudizio e l'unicità di ogni singolo individuo, la tradizione filosofica ha elaborato varie proposte. Alcune maggiormente universalistiche, dando rilievo alla necessità di uguaglianza e formalità dei principi; altre invece hanno privilegiato l'individualità dell'oggetto, irriducibile alla legge. Difficilmente si è riusciti a evitare che una istanza prevalesse a scapito dell'altra. La strada che Levinas e Derrida scelgono di percorrere, per quanto riguarda questo tema, cerca proprio di confrontarsi con questa esigenza, e lo fa attraverso una logica altra, quella del paradosso, capace di cogliere il carattere dinamico e sempre a-venire della pratica di giustizia. Il qui presente testo si propone di ricostruire questa paradossale giustizia, attraverso il dialogo, non sempre armonico, tra i due autori. Nel fare ciò l'auspicio è quello di rintracciare i principali fondamenti di un nuovo paradigma, per una giustizia che insieme permetta di «comparare gli incomparabili» e «calcolare l'incalcolabile».