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«L'asfalto era gelido, la neve pareva quasi calda. Ci ricopriva maternamente. Riuscivo a sentire il debole battito di Aitor che, a tratti, tremava e allora lo strinsi ancora più forte iniziando a raccontargli dei giorni trascorsi con papà, della strada percorsa, delle cose viste. Lo stringevo e parlavo quando, in lontananza, vidi papà carico di scatole. Ci guardammo e fu come se non ci vedessimo da una vita. Aprì le scatole e ci coprì con i fiori, che si muovevano al debole respiro di Aitor facendomi solletico al naso. Odoravano come l'armadio di casa nostra. Una volta svuotate le scatole, papà si sedette lì accanto e mi strinse forte la mano. Mi disse: - Andrà tutto bene.» Natàlia Cerezo nasce a Castellar del Vallès nel 1985 e "A les ciutats amagades" (2018) è il suo libro d'esordio. In esso allestisce una celebrazione del piccolo, del quotidiano, del particolare che, con linguaggio asciutto e diretto, fa arrivare al lettore in modo inequivocabile. A tratti, la sua scrittura ricorda quella della Munro, le sue ambientazioni rievocano quelle della Keegan, mentre il suo sguardo poetico, grato delle molte letture, restituisce il simbolismo magnetico della Plath.