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Otto secoli di vita di una grande università in una città relativamente piccola non potevano non creare tra le due entità un rapporto speciale. È la doppia vita dell'Università di Padova e dell'Università in Padova. Testimonianza di un'«offerta» culturale davvero rara: il flusso sanguigno della città, che ne irrorava la cultura e le intelligenze, per secoli, è stato pompato in gran parte dalla sua università. Sovrapporre alla mappa della città di Padova la pianta delle strutture universitarie è il modo più rapido per rendersi conto con un colpo d'occhio del processo di incontro tra città e università, figlio di una storia plurisecolare di compenetrazione ma anche di conflitti e incomprensioni: un rapporto problematico che affiora anche in questo volume dedicato all'età contemporanea. Ma cosa si intende per storia intellettuale e politica di una università? Pensiamo che il ruolo politico di un'università si configuri quando sue importanti figure entrino in sintonia o in conflitto con i grandi avvenimenti politici nazionali e internazionali, trasformando quella stessa università in un fulcro creatore di pensiero o azione politici. In età liberale l'Università di Padova diviene centro generatore di élites politiche di rango nazionale; al tempo stesso, l'Ateneo diviene uno dei fulcri principali dell'irredentismo e in parte del nazionalismo italiani d'anteguerra. Con il primo conflitto mondiale la politica irrompe prepotentemente nella vita universitaria patavina. La «strana neutralità» italiana apre una stagione che inasprisce gli animi fino ad accendere fuochi di guerra civile, e in questo quadro l'ateneo si trasforma in un formidabile epicentro della mobilitazione interventista. Subito dopo, nelle prospettive totalitarie del fascismo, la politicizzazione della cultura investe in pieno l'università, che nel caso padovano diviene contemporaneamente una roccaforte fascista e una sentinella antifascista. Il ruolo politico dell'Università di Padova durante il fascismo ha significato in realtà l'assorbimento della vita universitaria nel progetto politico del regime, come dimostra il terribile silenzio che accompagnò l'espulsione di professori, studenti e tecnici falciati dalle leggi razziali. Di contro il ruolo politico dell'Ateneo, dopo il 25 luglio e soprattutto nel quadro della Resistenza, diviene invece platealmente autonomo, rivelandosi decisivo per le sorti della lotta di liberazione nel Veneto.