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Quando venne costituita la Repubblica sociale italiana, alla fine del settembre 1943, la comunità ebraica veronese contava circa trecento membri, i quali, a seguito delle disposizioni emanate dal nuovo governo fascista, avrebbero dovuto essere riuniti in un campo di concentramento provinciale, ad eccezione di alcune categorie quali gli ultrasettantenni e i componenti di matrimonio misto. L'internamento nel campo costituiva la prima tappa di un percorso che si sarebbe concluso nelle camere a gas dei lager nazisti. Fu questo il destino di 34 ebrei residenti nel Veronese: uomini, donne e bambini. La grande maggioranza riuscì però a sottrarsi all'arresto e ad avere salva la vita, nonostante che a Verona si fosse installata la centrale nazista per la deportazione degli ebrei dall'Italia. L'alto numero dei "salvati" dipese da molteplici fattori, ma inedite carte d'archivio documentano che a Verona furono in particolare alcuni commissari e sottufficiali della Questura a favorire gli ebrei perseguitati. Il libro racconta la storia di questi uomini "giusti", che mettendo se stessi in grave pericolo scelsero di disobbedire alle leggi dello Stato per servire i principi dell'etica.