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La bellezza non si risolve solo nello sguardo, sebbene appaia immediato il primato dell'occhio. E se questo vuole la sua parte, resta comunque una parte. Di bellezza si vive perché a essere coinvolto è tutto il corpo, con il cervello che contiene e la mente che ne emerge: tutti i nostri sensi, nella loro collaborazione sinestetica, danzano col mondo mentre esso risuona in noi. In quell'accoppiamento che richiama la comunanza originaria col vivente possono esserci - e ci sono - esperienze che ampliano il senso del possibile, che estendono ciò che sentiamo, che aumentano quel che siamo e pensiamo di essere. Se l'estetica non riguarda solo l'aspetto esteriore delle cose, ma attiene al nostro legame col mondo, l'esperienza di bellezza ne è la fonte e il codice: un codice affettivo, emozionale, che collega mondo interno e mondo esterno con la mediazione del principio di immaginazione. L'estensione di sé negli spazi aperti della nostra imperfezione e incompletezza concede la possibilità di accedere al senso della verità di ognuno e sostiene la via della propria individuazione e il coraggio di essere. La bellezza rivela ciò che senza la sua esperienza non avremmo sentito e incontrato e, allo stesso tempo, per farlo, rivela, pone un nuovo velo, una nuova soglia, una nuova domanda che prima di quell'esperienza non saremmo stati in grado di porci.