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Non esiste il silenzio, esistono i silenzi. Scrivere sul silenzio significa allora sfidare una realtà inafferrabile? Se così fosse, non avremmo parole sull'alternanza tra il rumore e la sua assenza, non sarebbe possibile scrivere del silenzio interiore, non potremmo declinare la successione tra il parlare e il tacere. Vi è tuttavia un silenzio del quale non si parla e che, con la nostra disattenzione, abbiamo reso inafferrabile: il silenzio delle mani. Un silenzio dalle sfumature imprevedibili e che possiamo ascoltare anche immersi nel trambusto della vita quotidiana, perché le mani sono il loro silenzio. Un silenzio che viene infranto quando le mani minacciano, offendono, maltrattano, rubano, uccidono. E il criminologo dovrebbe interrogarsi con Pablo Neruda: "Cosa facciamo/con la mano del corpo/ o il corpo/ della mano?".