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Quando in "Note su ciò che cerco" Georges Perec dichiara: "la mia ambizione di scrittore sarebbe quella di ripercorrere tutta la letteratura del mio tempo senza mai avere la sensazione di ritornare sui miei passi o di ricalcare le mie stesse tracce", usa una metafora spaziale per parlare di un'arte della temporalità. Osservatore attento e archivista della memoria, l'autore costruisce le sue trame a partire dai luoghi che descrive minuziosamente come in un rilievo architettonico. "Lo spazio obliquo" investiga la Parigi di Perec fra i realia di rue Vilin e le fiction di "La vita istruzioni per l'uso".