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Surreale? Simbolico? Grottesco? Fantastico? Si può "etichettare" il teatro di Buzzati? Quali apporti culturali informano la poliedrica espressività che contraddistingue i suoi copioni? E, soprattutto, cosa muove l'affermato giornalista e scrittore, reduce dal successo internazionale de "Il deserto dei tartari" (1940), a rimettersi in gioco inseguendo il magico richiamo del teatro? Questo volume, attraverso una "scrittura sciolta, gradevolmente narrativa e poco pedantesca" (Paolo Puppa) si propone di inquadrare criticamente la vicenda di Buzzati "scrittore di teatro" delineandone, a livello biografico e storico-letterario, gli snodi peculiari. L'intuizione poetica del mistero, la perturbante visionarietà, la trasfigurazione della cronaca nel fantastico, la ricorrenza della critica di costume rappresentano i cardini di una modalità drammaturgica che manifesta nell'impianto antinaturalistico e "pittorico" la piena adesione ad una "teatralità" globalmente intesa, iscrivendosi così nel solco delle rivoluzionarie proposte performative del Novecento.