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Quando scoppia la Prima guerra mondiale, il Psi, a differenza dei principali partiti socialisti europei, sceglie la linea della neutralità assoluta che, con l'ingresso dell'Italia nel conflitto, trasforma nella formula assai più ambigua del "né aderire, né sabotare". L'isolamento politico e i continui attacchi dei gruppi interventisti spingono i dirigenti a salvaguardare l'unità del partito, ma i contrasti, anche aspri, tuttavia permangono. L'analisi degli scritti di Serrati e Treves rivela la diversa concezione che le due anime del Psi hanno della guerra: per i rivoluzionari, essa accelera lo sviluppo del sistema capitalistico e i marxisti, pur mantenendo un atteggiamento intransigente, devono riconoscerne la necessità storica, in quanto pregiudiziale all'avvento del socialismo. Per i riformisti, la guerra è il prodotto del militarismo proprio dei regimi autocratici, mentre nelle democrazie, il capitalismo si espande pacificamente. Essi negano l'esistenza di un rapporto necessitante tra sviluppo capitalistico e guerra e sostengono la collaborazione con i gruppi borghesi meno propensi al conflitto.