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Il problema principale della lingua dei politici del passato sembrava essere l'oscurità semantica, ottenuta col ricorso all'antilingua calviniana, ai funambolismi sulle parallele convergenti di Moro o dando fondo alle riserve dei brogliacci ministeriali. Poi, sono venuti i politici rappresentanti dei partiti-movimento, quelli che non facevano i politici di mestiere, quelli che parlavano come noi. Ma noi chi! Quanti di 'noi' usano un livello informale anche parlando di argomenti tecnici, in situazioni ufficiali, con perfetti sconosciuti? Chi di noi fa battute scurrili durante le riunioni di lavoro o con stranieri che vede per la prima volta? Qualcuno, forse più di qualcuno, sa l'inglese un po' meglio dei bagnini dei film che abbordano le straniere. Ciò non di meno, questi amministratori della cosa pubblica hanno dato vita ad una nuova stagione della comunicazione ed è meglio studiarli per bene perché, studiando il loro linguaggio, studiamo la cultura e la visione del mondo che li ha prodotti e legittimati. Visione del mondo da cui sarebbe estremamente paradossale sentirsi esclusi.