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La pratica del recupero architettonico ed urbano nell'Italia postunitaria può essere delineata come storia delle motivazioni che hanno interessato il rinnovamento, soprattutto nell'uso funzionale e non dell'immagine, di architetture preesistenti. Le trasformazioni di grandi edifici hanno interessato specialmente i complessi conventuali, resisi liberi dopo la soppressione degli ordini religiosi e la loro annessione a proprietà dello Stato quale immediata risposta al bisogno di attrezzature destinate alle esigenze della pubblica utilità. L'inserimento di nuove attività nel centro urbano fu dettato essenzialmente da scelte economiche e da ubicazioni strategiche. Dalla legislazione appositamente approntata a livello nazionale e dal confronto con vicende simili è stato qui focalizzato il caso Catania. Ed oggi il tema riprende vigore, in quanto la grande operazione potrebbe attualmente paragonarsi, ma con diversi casi, soggetti ed enti produttori, ai beni confiscati alla mafia. Le vendite di patrimonio dello Stato e l'acquisizione dei beni immobili confiscati ripropone il problema di un pertinente utilizzo delle strutture.