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"Gnôthi seautón", "conosci te stesso": così recitava un'epigrafe nel tempio di Apollo a Delfi e i pellegrini che vi entravano dovevano confrontarsi con questo monito. Ma l'uomo quando ha cominciato a conoscere se stesso? Quando ha potuto avvalersi di due strumenti fondamentali, lo specchio di cristallo e l'orologio, che gli hanno consentito di vedere il suo volto e saggiare la sua temporalità. Due strumenti che hanno fatto la loro comparsa quasi contestualmente, in quel lungo e indefinito periodo di transizione che Huizinga ha chiamato "autunno del Medioevo". Nell'antichità gli specchi erano fatti di metallo o di vetro opaco e il computo del tempo era affidato a clessidre e meridiane, quindi si aveva una percezione vana e distorta della propria fisionomia e caducità. A partire dal Quattrocento questo stato di cose cambia e l'uomo diventa un essente, un soggetto consapevole della sua natura. È l'inizio di una rivoluzione antropologica e microcosmica, non meno importante di quella copernicana, eppure molto spesso trascurata dalla storiografia ufficiale.