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Quinta opera dello scrittore Marco Aru, "La prima volta che vidi Marta" avrebbe potuto anche chiamarsi "Della vanità". Di questo argomento tratta. La vanità di tutti, uomini e donne, artisti e non, considerata sotto diversi punti di vista, attraverso una storia d'amore, fra Marta, appunto, e Gianni, vissuta sullo sfondo delle serate frivole di certi locali. Il culto dell'immagine è messo alla berlina nell'estremo tentativo (se vano solo il tempo lo dirà) del recupero della vita vera, delle cose che più contano. In Marta l'amore viene rappresentato sotto un punto di vista poco dibattuto, come il canovaccio di una serata dove si recita a soggetto; per alcuni è dramma, per altri falloforia e per altri ancora teatro dell'assurdo. L'impressione è di stare sempre a un passo dalla tragedia, che poi si compirà ma sotto forma di convenzione.