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Giorgio Gemisto Pletone, insieme a tutti quegli insigni intellettuali bizantini, cristiani e profani, che additarono l'Italia nel gesto di accogliere, al tramonto dell'Impero d'Oriente, l'estremo anelito di una civiltà antichissima e radiosa, ebbe il significativo merito, prima della nuova ondata di barbarie che travolse, in pieno Quattrocento, con un medievale colpo di coda, il finale baluardo della Romanità, non solo di preservare, ma anche di saper trasmettere, in quella celeste tradizione, come la definisce Ezra Pound, la cultura e l'antica religione dell'umanità ellenica fin dai mistici albori del pensiero occidentale. L'opera dell'ultimo filosofo greco fondatore del nostro Umanesimo, propugnatore di una grande riforma socialista e paganeggiante dello Stato - fu messa al rogo, però non rimase inascoltata, perché il suo messaggio esercitò un potente influsso su innumerevoli generazioni di iniziati e di illuminati.