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È l'artista che per primo ha dato un'anima alle sue opere. Dei suoi quadri e dei suoi affreschi sappiamo perciò molto, ma della sua vita di uomo ben poco, avvolta com'è nella leggenda. Ora da un accurato lavoro di scavo negli archivi e dalle cronache dell'epoca, Alessandro Masi fa nascere una rigorosa e documentatissima biografia di Giotto, del «ragazzo» che rivoluzionò la pittura tra il Duecento e il Trecento, quando si preparava la Rinascenza. E lo fa narrando quella vita come fosse un romanzo. Così entriamo con Giotto nella Basilica Superiore di Assisi, nella cappella degli Scrovegni a Padova, nelle basiliche di Roma, Napoli, Firenze... Un racconto tanto vivido che sembra di sentire l'odore dei colori, di stare sulle impalcature a osservarlo dipingere, di percepire lo stupore dei committenti di fronte a opere che non avevano alcun paragone con quanto realizzato prima. Emergono con forza i suoi rapporti con il maestro Cimabue, con gli intellettuali della sua epoca e in particolare con Dante, di cui fece un ritratto giovanile nel 1302, prima dell'esilio del poeta, e che incontrò nuovamente a Padova mentre creava un capo - lavoro per una famiglia tanto ricca quanto chiacchierata, gli Scrovegni appunto. Boccaccio fece di Giotto un personaggio del suo Decamerone. E dietro di lui si stagliavano Petrarca e i papi del travagliatissimo periodo della sua esistenza. Ne esce lo spaccato di un'epoca, di un grande artista e di un uomo non privo di ombre e contraddizioni. Migliore interprete di sempre del poverello di Assisi, viveva nell'angoscia di diventare povero e di non poter sistemare la sua numerosa prole. Probabilmente una volta arricchito divenne anche usuraio e, invitato dagli intellettuali a schierarsi nell'agone politico dell'epoca, si dimostrò tutt'altro che incline alle azioni coraggiose.