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Fin dal primo giorno in cui mette piede in Siria, nel 1978, Diana Darke si sente a casa. Parecchi anni dopo, quando la casa editrice Bradt le commissiona una guida della Siria, l'incanto per questo paese, che racchiude in sé tutti i tratti che le sono cari del mondo arabo, torna a farsi sentire con prepotenza. Gironzolando tra i vicoli tortuosi della Vecchia Damasco, tra i suoi magnifici palazzi ottomani, resti dimenticati di un'età remota, Diana si imbatte nel suo destino: una porta socchiusa. Varcata la soglia si ritrova immersa nella quiete di un cortile ornato tutt'intorno da aranci, tralci di vite, buganvillea ed esili rampicanti simili al gelsomino. Travolta dall'emozione, si sofferma a contemplare una fontana di marmo chiaro, bahra, in lingua araba, "piccolo mare", tanto assorta da non rendersi conto che dall'altra parte della vasca un uomo le viene incontro con un sorriso amichevole. Bassim, questo il nome del giovane, è un architetto che, impegnato nel progetto di restauro della Città Vecchia, ha il compito di informare gli stranieri della possibilità di acquistare le antiche dimore di Damasco per salvarle dalla rovina, dato che il governo non dispone dei fondi necessari al restauro. Inizia così, per Diana, la conquista di quella che diventerà la sua "casa di Damasco", una conquista che assumerà spesso contorni bizzarri, soprattutto agli occhi di un occidentale, e che si concluderà con l'acquisto di Bait Barudi, letteralmente: "La casa del venditore di polvere da sparo". Un luogo incantato, capace di infondere in Diana una profonda pace interiore. Una pace, tuttavia, destinata a durare poco a causa della guerra civile in cui il paese sta sprofondando.