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In un'epoca che sembra voler cancellare la fisicità degli spazi a favore dell'edificazione di territori virtuali condivisi in modo apparentemente democratico, in una realtà che tende ad accorciare le distanze e i tempi, il "luogo" lancia il suo ancestrale richiamo, non perde forza ma anzi rivendica la sua importanza simbolica e generativa riaffermandosi e pretendendo una nuova e urgente identità. E il luogo quotidiano del nostro vissuto diventa un appello, un legame al resto del mondo, una cura contro una modernità spersonalizzante. Per questo parlare di "stare" ed "abitare" si rivela estremamente attuale, come esigenza primaria e, prima di tutto, come espressione sociale ed umana. È così che osservare questo caleidoscopio di soluzioni abitative escogitate, cercate, volute senza sosta dall'uomo per stare nel proprio mondo va aldilà di qualsiasi curiosità tecnica, ecosostenibile, sociale o strategica. Le abitazioni rappresentano una sorta di superficie intermedia tra il mondo interno e quello esterno dell'individuo, diventando delle preziose interfacce antropologiche per dare tempo all'uomo di decodificare la complessità del mondo. Adattate alla specificità del territorio, eco-compatibili più volte per necessità che per scelta, da sempre queste dimore rappresentano il guscio protettivo dell'uomo, lo contengono, lo preparano alle necessità sociali e pratiche della sua esistenza.