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La leggendaria Chamagudao, la via del tè e dei cavalli, attraversa vertiginosi passi di montagna, corre lungo importanti fiumi come il Mekong e il Fiume Azzurro, e monasteri e praterie in un tortuoso tragitto che dalle province del Sichuan e dello Yunnan, nella Cina occidentale, arriva a Lhasa, la capitale del Tibet. Chamagudao corrisponde a una rete di vie, sentieri e statali, non a una singola strada, e in passato si estendeva per quasi 2350 chilometri in un percorso lungo il quale avvenivano gli scambi di merci tra il potente impero cinese e i nomadi tibetani, mettendo in collegamento villaggi remoti e gruppi etnici. I cinesi avevano bisogno di cavalli robusti per combattere gli invasori mongoli provenienti da nord, mentre i tibetani, estremamente religiosi, desideravano disporre di tè per i rituali sacri e per il loro sostentamento. In seguito alla sua introduzione nel Paese, attorno al X secolo, la richiesta andò crescendo e questa bevanda presto divenne un alimento base per i tibetani, soprattutto in combinazione con il burro di yak, l'altro ingrediente fondamentale della loro dieta. Alle temperature e altitudini estreme del Tibet, però, la sua coltivazione su ampia scala era impossibile. Questo preparò il terreno per lo scambio di tè e cavalli, che a partire dal XI secolo fiorì lungo Chamagudao e proseguì fino agli anni 50 del secolo scorso. Ma portare a destinazione queste ambite merci verso i loro mercati in crescita non era un impresa da poco.