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Una strana contraddizione domina le nostre esistenze. Come ebbe a dire san Paolo: «in me c'è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). Questa debolezza mina la nostra capacità di relazioni, eppure così fondamentali, tanto che sembrano vincere l'interesse, la violenza e il possesso. C'è una possibilità di uscire da questa condizione? «Chi ci farà vedere il bene?» (Sal 4,7). Dio ha mostrato - innanzitutto con il popolo di Israele - un modo inedito di stabilire e mantenere rapporti, che si chiama Misericordia, educando così l'umanità a desiderare un cuore come il Suo, capace di amare, di perdonare, di vincere il male con il bene. Il culmine di questa iniziativa è l'incontro con Gesù. Da allora la Misericordia ha un volto umano, è una esperienza umanamente possibile. Chi si è lasciato toccare da Gesù, è rinato come persona, ha potuto sperimentare il dono di un cuore nuovo. In questo modo, coloro che Gesù assimila a Sé hanno iniziato a immettere nella storia una modalità diversa di guardare gli altri e di vivere tutte le relazioni, che riverbera le caratteristiche di tenerezza e misericordia proprie di Dio. Si introduce così nel cammino umano una cultura che offre la speranza di un mondo più giusto e fraterno, dove l'altro è un bene per me. Tutti gli ambiti dell'esistenza hanno in comune l'imprescindibile fattore relazionale. Per questo la Misericordia può diventare un criterio nuovo per affrontare tutti gli aspetti dell'umana vicenda, partendo dal cuore cambiato di ognuno.