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Lei era sola, l'uomo che aveva tanto amato l'aveva abbandonata. Il sole stava per nascere, ma la zona dove vivevano Zora e i suoi tre figli era illuminatissima. Le fiamme alte stavano bruciando ogni cosa, il fumo soffocava e irritava gli occhi e la gola mentre la gente usciva correndo e gridando dalla casa. Erano rimaste poche famiglie ad abitare nei decrepiti appartamenti di quel casone che ora stava finendo in cenere. Zora si trascinava nella strada con le poche cose che aveva potuto prendere e insieme a lei i figli si portavano nei borsoni e nelle tasche degli abiti. Oman, il figlio maggiore di sedici anni e il più robusto, aveva sulle spalle una coperta che conteneva pani, una bottiglia di olio, un sacco di farina, sale, spezie, un pollo crudo. Zora aveva un borsone con dei documenti suoi e dei figli, una tovaglia con ricami, scarpe, saponi, pettine e nastri. I soldi li aveva infilati nel seno insieme ai pochi ori che possedeva. Le due figlie più piccole, Ariel e Fosca, rispettivamente di dodici e nove anni, tenevano stretto al petto un bambolotto di pezza: un cane marrone l'una e bianco e nero l'altra. Due cani di lana ricciuta con gli occhi scuri che tenevano sempre loro compagnia. Correvano tutti e quattro per le stradine della città vecchia, ansiosi di fuggire dal fuoco verso l'aria pura che veniva dal mare...