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Markus corre tra gli alberi millenari, sulle rocce o lungo sentieri inesplorati, circondato dal silenzio. Corre nella neve invernale e sotto il sole dell'estate artica. Corre nella natura selvaggia. Vive come un eremita tra i boschi di Jämtland, nel cuore impervio della Svezia, lontano da qualsiasi segno di civiltà e dalle aspettative che gli altri hanno su di lui. Una radura, una tenda, un focolare. Come è arrivato lì? Da cosa scappava? E cosa ha trovato? Markus Torgeby corre da quando ha dieci anni: è l'unica cosa che lo fa stare bene, perché solo così riesce a dimenticare almeno per un po' i problemi a casa, con sua madre, malata di sclerosi multipla, che peggiora a vista d'occhio. E solo un ragazzino quando un allenatore intravede in lui le potenzialità del campione e lo fa entrare nella sua squadra di atletica. Presto, però, anche lo sport diventa fonte di angoscia. Alla prima gara ufficiale, le sue gambe si bloccano completamente. Qualcosa non funziona. In allenamento Markus va fortissimo, ha i tempi per giocarsi i 3000 siepi ai campionati europei, ma la pressione lo fa crollare: si infortuna. In una situazione simile, non è strano fantasticare di mollare tutto, di andarsene via. Markus lo fa davvero. A soli vent'anni lascia la sua casa e si ritira nella foresta. Il bosco lo accoglie e diventa un rifugio sicuro: non solo uno spazio fisico, ma un luogo mentale. La vita solitaria nella natura lo rimette in contatto con se stesso, la corsa torna a essere la sua salvezza. In «Running Wild» Markus ci racconta con voce autentica la sua storia di caduta e riscatto, un inno alla capacità della natura di riportare l'uomo ai suoi valori essenziali.