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La mattina del 29 luglio 1905, dopo un'altra notte insonne, un giovane impiegato dell'Ufficio brevetti di Berna stringe fra le mani un fascio di fogli, sottile e sgualcito. Si chiama Albert Einstein e sente di aver messo a punto la più coerente e convincente teoria del tempo che sia mai stata formulata. La comunità scientifica internazionale, presto, lo confermerà. Nessuno però, nemmeno Besso, il fedele amico che accompagna Einstein a pesca e tenta di condividerne le preoccupazioni, può immaginare da quale profondità, da quale groviglio di ipotesi, tutte a loro modo plausibili, sia emersa la risposta. È nel sogno che Einstein ha tutto prefigurato. Il sogno genera visioni di mondi possibili, di universi alternativi, di dimensioni temporali in cui la vita procede all'inverso, dalla morte alla nascita, in cui gli uomini corrono per invecchiare più lentamente, in cui esiste un luogo dove gli amanti possono restare abbracciati per l'eternità. Questo ha sognato Einstein mentre si stava avvicinando al segreto del tempo, questo ha intuito Alan Lightman, un fisico americano, consapevole che la grande scoperta scientifica è la traccia confusa fra gli incubi e le speranze di un genio che si interroga. È nato così, nella forma di un diario di sogni, un romanzo che perfettamente fonde invenzione narrativa, riflessione filosofica, interesse scientifico.