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Nell'estate del 1862 il giovane Stato italiano si trova ad affrontare contemporaneamente la nuova offensiva, politico-criminale, del "brigantaggio" e il tentativo di Garibaldi di liberare Roma dal dominio pontificio, poi conclusosi con il tragico scontro in Aspromonte con le truppe italiane. Le relazioni dei prefetti di Terra di Lavoro e di Principato Ultra di agosto/settembre di quell'anno sottolineano la gravità della situazione. Entrambi i problemi risultano connessi alla "questione romana", l'esigenza cioè di riunire all'Italia quanto resta del dominio temporale del papa e soprattutto la città di Roma, da dove partono le direttive e il sostegno di Francesco II di Borbone alle attività delle bande. Un particolare rilievo è dato ai legami fra queste emergenze e la tutela assicurata a Pio IX da Napoleone III, che impedisce la soluzione della questione, e all'ambivalente atteggiamento dell'opinione pubblica verso Garibaldi, considerato allo stesso tempo vero interprete degli ideali della patria e promotore di un'impresa che potrebbe provocare una guerra civile e l'intervento della Francia, mettendo così a rischio l'unità nazionale appena raggiunta.