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Il quinto volume dell'Atlante delle mafie è dedicato al tema della corruzione e del suo rapporto con le mafie. Pur essendo due reati diversi, due fattispecie criminali differenti, il volume mette in evidenza la loro particolare, complessa e durevole relazione. Se si confronta l'inchiesta milanese «Mani pulite» dell'inizio degli anni Novanta del Novecento con l'attualità, si può facilmente notare che la differenza non consiste nella maggiore o minore estensione della corruzione ma in un semplice elemento la cui portata non è stata ancora esaminata in tutti i suoi aspetti: i mafiosi sono tra i principali attori degli episodi di corruzione degli ultimi anni, anzi si può parlare di una particolare «governance» mafiosa della corruzione, e ciò non avviene solo al Sud. Anche al Nord, infatti, la corruzione si abbina sempre più spesso a episodi in cui sono coinvolte le organizzazioni mafiose. Le mafie sono, insomma, sempre più protagoniste del sistema della corruzione. Si ha la netta impressione che corruzione e mafie abbiano smarrito i loro confini e stabilito relazioni e nessi davvero intricati. Le mafie possono esistere senza corruzione? Sì, sicuramente, ma solo se restano sui settori illegali (droga, contrabbando, gioco d'azzardo, ecc.); se, invece, si spostano sui settori legali dell'economia non possono consolidarsi senza corruzione. E la corruzione esiste senza le mafie? Sì, certamente. Ma dove le mafie entrano nel sistema della corruzione, ne diventano protagoniste assolute e dettano le regole. In ogni caso, non sono le mafie a causare la crescita della corruzione; esse arrivano dove già c'è. La corruzione e le mafie sono due «questioni» che affondano le origini nel passato ma sono a loro agio nel presente, sono elementi di "lunga durata" della storia italiana, che mantengono una impressionante continuità e presenza nell'oggi, coniugando insieme arcaicità e modernità. Esse sono «criminalità di relazione», basate sulla violenza (le mafie) o sul potere (la corruzione) che pur provenendo da altre epoche storiche hanno trovato una particolare sintonia con la contemporaneità. Perciò i curatori dell'opera non hanno voluto affrontare la questione del rapporto tra mafie e corruzione dal punto di vista penale né tantomeno giurisprudenziale, ma da quello storico e sociologico, ben al di là della sentenza su Mafia capitale, convinti che molti dei nostri problemi abbiano radici così profonde e così lontane nel tempo da essere difficilmente riconducibili a quanto è accaduto solo nell'ultimo periodo di storia italiana. Al volume hanno collaborato i maggiori studiosi in Italia dell'argomento, oltre alle tre figure istituzionali più importanti in materia: Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, Raffaele Cantone, presidente nazionale dell'Autorità anticorruzione e Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia.