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La genesi di questo studio è la lettura di un notevole saggio di Carlo Diano, "Forma ed evento. Principi per una interpretazione del mondo greco" (1952), ove la dialettica tra forma ed evento costituisce il criterio fondamentale di tale interpretazione. La forma è la compiuta armonia dello spirito greco impegnato a fissare la perfezione nella perenne giovinezza dell'idea; l'evento è "ananke", il destino di fronte al quale anche gli dei non possono intervenire. Nel nostro lavoro la forma diviene struttura e l'esento rimane a fronteggiare la struttura, ma non è l'enigma del destino, si configura come prossimità o, in ultima analisi, come trascendimento. L'evento, nella sua accezione più propria, è un accadere senza deduzione, che a volte assume la forma di una epifania. Tra il mondo greco e il nostro c'è una differenza fondamentale nell'interpretazione del tempo: il tempo greco è un progressivo allontanarsi dalle "macarioi nesoi", le isole beate dell'inizio, per noi è un "eschaton", è un dramma che si può anche trasformare in escatologia, radicati come siamo nell'ineludibile pensiero ebraico-cristiano. L'espressione di Albert Camus: "tempo di vivere, tempo di dare testimonianza alla vita" si completa in un compimento ulteriore: "la vita come testimonianza". Questo compimento traduce in termini etico-religiosi la conclusione speculativa della prima parte del lavoro.