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Questo saggio vuole riabilitare un personaggio fra i più controversi e demonizzati della politica italiana: Bettino Craxi, il leader più lungimirante del socialismo italiano postbellico. Tangentopoli è stata un pretesto per infierire su un politico macchiatosi di una colpa gravissima: la critica impietosa del marx-leninismo e dei suoi cultori. Il PSI non era il focolaio della corruzione. Tutti i partiti attinsero a piene mani a finanziamenti illegali e il PCI incamerò un fiume di denaro dall'URSS. La "questione morale", dunque, fu escogitata per distruggere il PSI, unica forza politica che sventolava la bandiera riformista. La corruzione proliferò a causa del patto tra due partiti-chiesa, il PCI e la DC, che ingessarono la dialettica politica in Italia. Craxi sbagliò a non districarsi dal sistema delle tangenti quando, crollato il muro di Berlino, ne venne meno ogni giustificazione. Egli fu la vittima di un meccanismo perverso che altri avevano inventato. Craxi ebbe intuizioni geniali: la Grande Riforma delle istituzioni e la democrazia governante imperniata sul bipolarismo (cioè sull'alternanza al governo dei partiti o delle coalizioni). Tra i suoi meriti, la difesa dell'Europa dalla minaccia del totalitarismo sovietico e la lotta contro ogni forma di estremismo ideologico. È falso dire che un dibattito sul PSI craxiano è inutile e serve solo a recriminare. Il futuro ha sempre un cuore antico.