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Il più acuto tra i positivisti italiani, lo ha definito Norberto Bobbio. Ma Francesco Saverio Merlino è stato anche il più acuto tra i socialisti italiani, tra Ottocento e Novecento, anticipatore delle critiche di Bernstein all'ortodossia marxista e iniziatore di una linea di pensiero socialista liberale (o, meglio, libertaria). Il pensiero di Merlino rappresenta una felice sintesi di esigenze di giustizia sociale e di intensi princìpi di libertà sul piano normativo, e di positivismo sociologizzante e di criticismo neokantiano sul piano epistemologico. Egli, per certi versi filosoficamente più accorto e sistematico di figure come Gobetti e Rosselli, raramente è stato ricordato e associato a quei nomi che pure gli devono molto, che lo lessero, lo apprezzarono e in parte ne recepirono le idee. In carcere scrive la sua opera maggiore "Pro e contro il socialismo" (1897) - che qui si ripresenta dopo un'assenza di più di cento anni - nella quale espone una proposta di socialismo svincolato dal materialismo storico e vicina invece alle tesi della scuola economica austriaca (von Mises). È il suo un tentativo di coniugare mercato e proprietà sociale. Nel 1898 appare a Parigi un'opera che riassume e ripropone gli assi principali del suo pensiero, 'Formes etessence du socialisme', con prefazione di Georges Sorel.