Tab Article
Ogni vera inculturazione del Vangelo passa attraverso il vissuto culturale di un popolo e in esso si consuma, si compie: entra a permeare profondamente abitudini, usanze, istituzioni, ruoli, leggi, persino sistemi di produzione, perché in fondo raggiunge e cambia l'uomo nella sua realtà di uomo, trasformando i giudizi di valore, il modo di percepire se stesso e la realtà che lo circonda. Per questo motivo, il Vangelo che si incultura esige anche un discernimento valoriale sulle oggettivazioni visibili dello spirito umano, sapendo che però la comunicazione del Vangelo va ben più in profondità. Quella del "coltivatore di sicomori" appare come una metafora interessante che nella lettura del processo di inculturazione permette di riconoscere il "rispetto" per ogni cultura, ma anche il dono fatto dal Vangelo. Il coltivatore è in realtà un intagliatore, perché opera un taglio particolare che permette al frutto di giungere a maturazione. La necessità del "taglio" dice l'importanza che il contenuto eccedente e salvifico del Vangelo incida le/nelle culture; d'altra parte però i frutti sperati sono propri delle culture. Questa prospettiva è indagata nell'opera tenendo conto delle sfide fondamentali dell'odierna congiuntura culturale e di due grandi orizzonti possibili per risolvere le difficoltà: l'allargamento sapienziale della razionalità umana e la speranza nell'oltre escatologico.