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Questo libro si propone di qualificare teoreticamente il senso e il modo in cui Luigi Einaudi, "compositore di prediche inutili", riattualizza il mito del buongoverno alla luce della portata dirompente dell'economico per la modernità e dei suoi effetti sul giuridico, il politico e l'etico. Il tentativo che egli compie è quello di fondare nuovamente le istituzioni liberali compromesse dalla Grande guerra e in seguito sconvolte dal fascismo. Riprendendo il filo del buongoverno, Einaudi tesse così l'ordito e la trama di una figura che precede e trascende i tòpoi e le categorie del suo pensiero, e che, a un tempo, li tiene assieme, assurgendo a immagine sintetica e fondativa della società liberale, nonché del suo stesso liberalismo. Il liberalismo di Luigi Einaudi o del Buongoverno è la ricostruzione di una "visione del mondo", dell'"uomo" e della "libertà", visione che ha a cuore la tutela di quel "bene supremo che è la libertà dell'uomo", ma che sostiene anzitutto la causa delle "libertà concrete" affinchè ciascuno di noi possa "continuamente rompere la frontiera del noto, del già sperimentato, e muovere verso l'ignoto ancora aperto all'avanzamento materiale e morale dell'umanità".