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Nel pieno fiorire del Grand Tour, il fenomeno culturale che portò centinaia di uomini e donne a visitare anche l'Italia tra il Settecento e l'Ottocento, erano in molti a mettere in guardia chiunque dall'oltrepassare Napoli o tutto al più Paestum per scendere nell'estremo Sud, giudicato troppo barbaro e selvaggio, privo di efficienti vie di comunicazione e di comodi alloggi e infestato dai briganti. Paradossalmente, questa fama sinistra - attribuita soprattutto alla Calabria - produsse il dispiegarsi di una originale forma del Grand Tour, come ha ammesso di recente Attilio Brilli. I diari di viaggio di costoro, acquistarono così di interesse, ricchi come erano di notazioni colme di commozione per le condizioni miserevoli della vita della gente, di indignazione per l'insipienza delle amministrazioni, di ansia per i disagi del percorso e per i pericoli del cammino, di stupore per la grandiosa bellezza del paesaggio calabro. Questo libro nasce proprio dall'intuizione dell'originalità del Grand Tour in Calabria da parte di un moderno viaggiatore, Francesco Bevilacqua, che in 28 anni di peregrinazioni pedestri ha esplorato i recessi più riposti e segreti della regione, trovando nel contempo, nei vecchi diari dei grandtourist inattese conferme alle proprie sensazioni.