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In questo volumetto si raccolgono quattro contributi che vertono sulla questione della pandemia e della politica e dei diritti che con questa si confrontano. L'emergenza sanitaria pone in maniera drammatica la questione della morale pubblica come àncora delle deliberazioni pubbliche. Ciò è particolarmente evidente, e tragico, nelle decisioni rispetto all'accesso alla terapia intensiva ed all'uso dei ventilatori, dovendo "selezionare" i pazienti da proteggere in situazioni di scarsità di risorse. Uguali drammatici dilemmi si presentano allorché si tratta di limitare le libertà fondamentali dei cittadini per salvaguardarne la salute e la vita. Lo Stato democratico ha dunque a che fare con l'"eccezione" e deve trattarla nel quadro della legalità costituzionale, e tuttavia in qualche modo dilatando i limiti entro i quali l'azione prescrittiva dello Stato possa proiettarsi legittima. La tensione tra diritti di varia natura e poi tra diritti e beni collettivi ci fa urtare contro le pareti ultime di accettabilità dell'ordine costituzionale. Ciò crea sconcerto tra i cittadini e dilata gli spazi per la diffusione di politiche avventuriste e "populiste", le quali tra l'altro si servono profusamente della astuta manipolazione di mezze verità, o di menzogne vere e proprie: la verità viene degradata allora a "post-verità". Tuttavia, se i diritti costituzionali sono messi in forse e paiono disarmati dall'emergenza pandemica, del pari la categoria dei diritti soggettivi, spesso applicati e concepiti - secondo un'ottica neoliberale - come diritti "patrimoniali", di imprenditori o consumatori, sembra non essere più in grado di provvedere ai bisogni del tempo della pandemia. Gli interessi che questa porta sulla scena non guadagnano in evidenza mediante la celebrazione dell'autonomia privata, o col rinvio alla figura dell'imprenditore di se stesso, o del soggetto di atti di consumo, o di compravendita, all'interno di un tessuto sociale essenzialmente riformulato come mercato altamente competitivo. Non è la concorrenza il modello appropriato per salvarci dalla malattia, e nemmeno lo scambio di merci, o il paradigma sinallagmatico; bensì la cura. Noli me tangere, "non mi toccare", regola del tempo della pandemia, da imperativo egocentrico deve trasformarsi necessariamente in atto di solidarietà.