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Il lavoro interroga lo statuto normativo del diritto al nome, alla luce del valore della persona umana. L'analisi diviene occasione di verifica del contemperamento, a fronte delle peculiarità del caso concreto, tra autorità e libertà, nonché per svolgere riflessioni sulla funzione del nome e sulla tenuta dell'istituto, al cospetto delle problematiche che, allo stato dell'arte, appaiono più significative. Si pensi all'accresciuta esigenza, avvalorata dal progressivo affievolirsi del rilievo pubblicistico del nome, di abbandonare il ricorso a vetusti automatismi (come la questione dell'attribuzione del patronimico) i quali, sebbene in modo più temperato rispetto al passato, innescano contrasti con i valori fondamentali accolti dal nostro ordinamento (uno fra tutti il principio di eguaglianza dei genitori), senza che possa farsi capo ad una plausibile ragione in grado di giustificare la conservazione di un simile privilegio. Il valore della persona umana impone l'effettiva attuazione delle situazioni esistenziali, anche in coerenza con l'imperativo costituzionale che impone di rimuovere gli ostacoli di fatto all'eguaglianza degli individui, sebbene ciò ponga delicati problemi nell'individuazione del confine entro il quale l'intervento autoritativo deve arrestarsi per non travolgere le istanze di libertà individuale.