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La tradizionale concezione del diritto privato come essenzialmente discriminatorio rinviene il proprio fondamento nella pretesa incompatibilità tra principio di eguaglianza e tutela della libertà contrattuale. Dal rifiuto di considerare l'eguaglianza regola dell'agire dei privati si fa derivare l'insindacabilità del carattere discriminatorio degli atti di autonomia negoziale e il riconoscimento al contraente di una piena e assoluta libertà di scegliere la controparte, a lungo osservata soltanto sotto il profilo dell'errore quale vizio del consenso. La progressiva stratificazione, sotto l'impulso del legislatore comunitario, di un'ampia e articolata normativa anti-discriminatoria e la crescente sensibilità al nuovo paradigma della giurisprudenza nazionale ed europea impongono una rinnovata riflessione, che tenga conto anche della necessità di individuare il "giusto rimedio" adeguato agli interessi coinvolti nelle singole fattispecie.