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Nella seconda metà dell'Ottocento le città europee sono investite da radicali cambiamenti legati al nuovo assetto economico e sociale, segnato dall'ascesa della borghesia. Il modello più influente è la Parigi di Haussmann, ma si guarda anche a Vienna, a Budapest e alle città tedesche. La cultura dei progettisti è nutrita da repertori e manuali, che veicolano gli esempi dell'architettura storica e le nuove tecnologie. A Milano gli architetti si formano all'accademia di Brera e alla sezione di architettura del futuro Politecnico: in entrambe domina la figura di Camillo Boito, che mette in primo piano la questione dello stile nazionale. Dopo la realizzazione della nuova piazza del Duomo e della Galleria Vittorio Emanuele II, le trasformazioni del centro investono l'asse del Sempione, definito in età napoleonica ma ancora incompleto. La rapida espansione della città e la scelta di collegare il Duomo con il Castello Sforzesco, restaurato e destinato a prestigiose istituzioni culturali, sono le premesse per il progetto realizzato, parte del piano regolatore di Cesare Beruto (1889). Insieme a piazza Cordusio, al Foro Bonaparte e al Parco Sempione, via Dante dà forma alla sequenza di spazi urbani più riuscita e significativa della Milano ottocentesca. La nuova via è campione significativo della concezione architettonica della strada europea a fine Ottocento, sia per le norme che mirano a un risultato unitario, sia per la qualità degli edifici, progettati da alcuni dei migliori professionisti dell'epoca. Il volume indaga la storia di via Dante e le ragioni della sua qualità architettonica: un'esperienza densa di insegnamenti su come fare città.