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Il libro, dedicato ad una tavola attribuita al grande maestro fiorentino recentemente ritrovata in una collezione privata romana, s'inserisce in un rinnovato dibattito attorno a quella che è considerata l'ultima opera dell'artista: quel San Bastiano realizzato per la Compagnia fiorentina intitolata al Santo, detta anche "del Freccione", di cui Andrea del Sarto divenne membro nel febbraio del 1529. Il dipinto ha complesse vicissitudini storiche: già all'inizio del Settecento non si trovava più sull'altare maggiore della cappella della Compagnia ma nelle disponibilità di un tal Filippo De Marchi, contro il quale la stessa Compagnia avviò una procedura legale per riprendere possesso del quadro. Da quel momento, del "San Sebastiano di mano sua dal bellico in su... fatto da Andrea con grandissima arte, sforzandosi la natura et egli quasi indovinando che quest'opere avessino a essere l'ultime pennellate ch'egli avesse a dare...", come lo ricorda Vasari, si perdono le tracce. Ma dell'opera erano state certamente eseguite diverse versioni autografe - come testimonia anche un altro San Sebastiano attribuito al Sarto, reso noto dalla Guardia di Finanza nel 2011, citato in questo volume - secondo la prassi consolidata di riprodurre, per mano del capo bottega, le immagini che più avevano riscosso il successo e l'attenzione del pubblico di allora.