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Nel 1968 Montale affermava che Andrea Zanzotto "non descrive", ma "circonscrive, avvolge". A oltre quarant'anni di distanza, ancora una volta, l'autore de "Il mio Campana" "circonscrive" e "avvolge" il "nodo poesia-follia". I nomi di Hölderlin, di Rimbaud e di Leopardi si trovano così affiancati a quello di Campana, della cui lirica Zanzotto perlustra "interstizi inesplorati", "zone interdette alla ratio", che ne rendono l'esperienza poetica tra più suggestive del Novecento.