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L'immagine stereotipata di un Muratori 'antiquario', ospite occasionale delle lettere e compilatore minuzioso del passato, poco s'addice alla sistematica lezione riformatrice del padre della nostra storiografia medievale, cui spetta invece un posto di primo piano tra i novatores del Settecento europeo. Questo libro racconta di un originale primato, metodologico e culturale, che va sotto il segno della modernità muratoriana: una modernità sempre moderata, lontana dagli eccessi di «antichi» e «moderni», mai spettatrice passiva dei cambiamenti, bensì aperta ai problemi, alla loro pubblica discussione o intesa alla loro soluzione, di là dalla mera erudizione libresca. Dall'apprendistato, poetico e teatrale, milanese sino alle operose officine delle Osservazioni alle Rime del Petrarca e del Governo della peste (secondo un tragitto qui ampiamente documentato dai tre capitoli e dai testi, editi e inediti, raccolti in Appendice), l'«erario» muratoriano, collocandosi al centro dei saperi, si accresce via via di conoscenze, opinioni, esperienze, grazie ad un'inesausta ricerca del vero, del buon gusto e dell'utile, che rappresenta la bussola di cui lo sperimentalismo muratoriano si serve per attraversare un mondo «zoppo», svilupparne le mappe e correggerne gli abusi, così da leggerne gli orientamenti ben oltre l'anagrafe del secolo.