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"Non c'è anarchico felice" continua il viaggio in più tappe, fino a fine millennio, aperto da "La gioia del giorno." In un privato, nei tanti privati d'ogni vicenda, in Italia, nel mondo. Da un punto d'osservazione originale, la vita al lavoro. Con le illusioni e le delusioni d'ogni giorno. L'ambizione è di estrarre il romanzesco dalla routine, avventura estrema, lo straordinario dall'ordinario: l'azienda, luogo del conformismo, riserva in effetti sorprese, vi si viaggia molto felicemente attraverso eventi anche minuti, personaggi, culture, modi d'essere, geografie. Sul fondo insolente (celiniano, freudiano) d'obbligo al tempo della crisi. Operando alla "destrutturazione della destrutturazione", del resto implicita nel vecchio bonario filone Barthes-Eco, per animare la narrazione informe.