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"Quando viene pubblicato, nel 1978, "Per partito preso" è giudicato un romanzo dalla violenta figurazione metaforica: siamo negli anni della contestazione, del centrosinistra, del delitto Moro. Giuseppe Bonura narra di una profonda crisi personale e generale che si approfondirà in quello che potremmo definire "un futuro senza futuro". Il protagonista in prima persona è un senatore comunista (sono evocati, oltre a un inequivocabile "Enrico", vari politici noti) che, raccontando a uno psicoanalista la propria vita, rimescola nel presente e intreccia nel ricordo le vicende più recenti. È un eroe della Resistenza che deve misurarsi con la dura realtà: un terremoto accentua e affretta la frana o smottamento dell'intero paese; il partito sospinge lui, recalcitrante leader della zona, a convincere all'esodo gli abitanti; la moglie lo lascia per unirsi al sindaco democristiano. C'è anche un misterioso uomo-ombra che lo spia e lo segue. Completano lo scenario i neofascisti che lo insultano e all'opposto i giovani democratici che operano per una nuova società." (Gilberto Finzi)