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Era circa il 1960 quando Giuseppe Corti consegnò al figlio Danilo un taccuino scritto a lapis che conteneva i tristi ricordi del periodo della deportazione in Germania di cui erano state vittime lui stesso e il figlio Moreno. Da quel momento la famiglia decise di custodire gelosamente il manoscritto che racconta il periodo drammatico trascorso nella fabbrica Bopp di Frei-Weinheim. Moreno appunta rigorosamente quanto gli accade intorno affidandosi a una cronaca che alterna la semplice annotazione dei fatti all'esposizione degli stati d'animo. Fatica, paura, fame, freddo, violenza, mancanza di libertà, privazione degli affetti mostrano l'odissea dei lunghi mesi di prigionia. Dopo tanti anni, in piena pandemia Covid, si è realizzato il desiderio di farne un libro per mantenere viva la memoria. In questo modo il testimone, oltre che alla famiglia, passa a intere generazioni.