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Boezio è autore d'una delle più straordinarie e giustamente celebri definizioni di 'persona', da lui detta rationalis naturae individua substantia, per distinguerla chiaramente da 'individuo', vocabolo attribuibile a ogni ente 'unitario e indivisibile', dagli esseri umani alle cose, agli animali. La filosofia scolastica opera così la saldatura tra l'esperienza giuridica romana e la meditazione giudaico-cristiana, valorizzando un termine partito dalle rappresentazioni teatrali, ove prósopon designava il personaggio; si veniva ad elaborare la nozione di status, che ha progressivamente abbandonato ciò che era nell'Antico regime, cioè rappresentazione della soggettività giuridica dell'individuo in ragione del censo e della classe di appartenenza, per farsi espressione dell'esistenza stessa del soggetto giuridico e del suo essere nella collettività. Per capire i meccanismi di tale mutazione appare essenziale indagare la dimensione nobiliare, stata per secoli un universo di riferimento non soltanto per i privilegi goduti dalla gerarchia feudale, ma anche per i diritti rivendicati dalla componente civica e notabilare, e in generale per tutte le qualità di vita proprie del vivere more nobilium. Ad accomunare i soggetti sono i segni identificativi, in particolare il nome, punto di riferimento indiscutibile, in quanto ogni persona ha interesse, tutelato dal diritto, a essere rappresentata, nella vita di relazione, con la sua vera identità, difendendo i valori intellettuali, politici, religiosi, professionali creduti rilevanti nella raffigurazione data nei rapporti con gli altri. Ciò, insieme con la norma costituzionale circa la cognomizzazione dei predicati nobiliari, ha posto le premesse perché s'esercitasse la riflessione sugli esseri umani in quanto calati nella realtà, con i problemi, e le particolarità differenti, che l'ordinamento deve sforzarsi d'indirizzare verso una vita, sotto ogni aspetto, 'dignitosa'.